Ovvero una recensione approfondita di questa nuova fotocamera, con confronti con le camere modificate Baader e quelle tradizionali. di Lorenzo Comolli e Cristiano Tuffanelli (sito) - scritto nel luglio 2012 |
Introduzione
A metà dello scorso
decennio, l’inaspettato successo delle reflex digitali in ambito
astrofotografico, spingeva Canon a realizzare ufficialmente una reflex
appositamente studiata per l’astrofotografia. Nel febbraio 2005 la casa
giapponese presentava quindi la reflex
digitale EOS 20Da, entrando così ufficialmente nella fotografia astronomica
amatoriale. Creata su base EOS 20D, ma con sostanziali modifiche hardware e
software, subito si identificava come reflex digitale per l’uso astronomico,
oltre a rimanere una validissima fotocamera per l’uso tradizionale. La
principale modifica hardware riguardava il filtro più trasparente al rosso
H-alfa (modifica già attuata in precedenza da molti astrofili coi filtri Hutech
o Baader), mentre il software introduceva per la prima volta al mondo il Live-View,
funzione comodissima che si sarebbe poi diffusa a tutte le fotocamere
convenzionali. La 20Da ha subito rappresentato un’economica alternativa alle
più costose camere CCD di pari formato. Purtroppo in Italia questa reflex non è
stata subito capita, contrariamente ad altri Paesi, dove ha avuto un grande
successo, e quando la diffidenza lasciava spazio all’intraprendenza, questa
fotocamera andava fuori produzione, dopo meno di un anno dalla presentazione.
Ora, a distanza di sette anni, Canon rientra ufficialmente nel mondo
dell’astrofotografia, presentando il 2 aprile 2012 la nuova EOS 60Da.
Questa reflex nasce dall’esperienza acquisita con la 20Da, e dall’attenta
considerazione delle richieste degli utilizzatori. Anche questa volta il
progetto si basa su un modello di fascia media (a due cifre), denominato EOS
60D, già in commercio da due anni, proponendo sul mercato un prodotto degno di
attenzione. Per questo motivo abbiamo deciso di testare scrupolosamente questa
reflex, una delle prime arrivate in Italia, con numero di serie 0281200753.
La confezione
La 60Da viene distribuita
in confezione contenente il solo corpo, più i relativi accessori. Non sono
previste confezioni che comprendano obiettivi, come per le altre versioni di
reflex Canon. La scatola si distingue da quelle tradizionali, grazie
all’immagine della nebulosa di Orione utilizzata come sfondo, e comprende il
seguente materiale (Fig. 1):
●
Corpo macchina
●
Tracolla
●
Caricabatteria LC-E6/E6E
●
Batteria LP-E6
●
Kit di alimentazione da rete ACK-E6
●
Adattatore di scatto remoto RA-E3
●
Cavo USB (Mini-B)
●
Cavo audio/video
●
Software e manuali cartacei.
(Il materiale in
corsivo è prerogativa del kit astronomico)
Fig. 1. Materiale contenuto nella confezione. (clicca per l'hires) |
Le caratteristiche
astronomiche
Derivando dal modello
EOS 60D, è scontato che vengano ereditate tutte le caratteristiche e le
funzionalità della versione convenzionale, compresa la possibilità di creare
filmati HD, ma in questo frangente ci concentreremo solamente sull’utilizzo
astronomico, tralasciando quasi completamente le funzioni, diciamo, terrestri o
diurne. La grossa differenza rispetto alla versione convenzionale, è il filtro
passa basso posizionato di fronte al sensore CMOS con formato APS-C. Tale
filtro, nella fotografia tradizionale, ha la funzione di rendere la risposta
spettrale più simile possibile a quella dell’occhio umano. Ma
nell’astrofotografia questo non va bene, poiché il filtro standard non permette
all’emissioni H-alfa di arrivare fino al sensore. Ricordiamo che la luce
H-alfa viene emessa dell’idrogeno ionizzato ed è di colore rosso cupo, con
lunghezza d’onda di 656,3 nm. I progettisti Canon, per la 60Da hanno
appositamente studiato un filtro con rivestimento al fluoro, capace di
trasmettere le emissioni H-alfa tre volte più del filtro convenzionale. Con
questa premessa Canon dichiara che tale reflex può essere utilizzata
proficuamente sia in campo tradizionale che in quello astronomico; in questo
test abbiamo quindi voluto verificare di persona quanto dichiarato.
Differenze rispetto ad
una normale fotocamera
Ma quali sono le
principali differenze della 60Da rispetto alla 60D? Certamente il filtro taglia
infrarosso, più trasparente all’emissione H-alfa. Ma per quanto riguarda il
software invece, non si notano differenze, e il Live-View, grande novità
della 20Da, è ormai una funzione scontata su tutte le reflex. Piuttosto,
sarebbe stato utile modificare il Live-View, per fare tempi di posa più
lunghi e aumentare così il contrasto delle riprese, facilitando l’inquadratura
dei soggetti. In sostanza le due fotocamere sono molto simili, e a confermarlo
è anche la presenza del manuale a corredo, che è quello della 60D, come pure i
driver e i software forniti sono identici. Un confronto tra 20Da e 60Da è in Tab. 1,
o
più in dettaglio sul sito di DPreview (con 60Da-60D-20Da-20D):
http://www.dpreview.com/products/compare/side-by-side?products=canon_eos60da&products=canon_eos60d&products=canon_eos20da&products=canon_eos20d&sortDir=ascending
Le ulteriori differenze
risiedono negli accessori a corredo. L’alimentatore da rete elettrica ACK-E6
è fondamentale per l’uso prolungato e al freddo, in quanto la batteria
originale potrebbe durare solo 2-3 ore, molto meno della durata di una notte
astronomica. L’alimentatore necessita di una fonte in corrente alternata a
230V, e quindi non è proprio comodissimo per gli astrofili che sul campo si
portano solo batterie da 12V, costringendoli a usare un inverter, ulteriore
accessorio che consuma preziosa energia, oltre a complicare ulteriormente il
setup. Molto apprezzato sarebbe stato un alimentatore da 12V, che tuttavia si
può autocostruire facilmente con poche conoscenze di elettronica, oppure
acquistare.
Altro accessorio molto
utile, è il cavetto convertitore RA-E3, che permette l’uso del
temporizzatore TC-80N3 (dotato di connettore proprietario N3 e impiegato sulle
precedenti reflex xxD) con la 60Da, che invece è provvista di un più semplice
connettore mini-jack da 2,5 mm (come sulle xxxD). Peccato però per l’assenza
del temporizzatore nel kit: si tratta di un accessorio fondamentale per l’uso
astronomico, acquistabile a parte con 140€ (oppure su Ebay sono disponibili
alternative cinesi a prezzi di circa 10€, cercare “timer remote 60D”, che
dispongono già del connettore giusto e quindi rendono inutile il cavetto
convertitore).
Tab. 1. Confronto tra
le caratteristiche di 20Da e 60Da
|
Canon EOS
20Da |
Canon EOS
60Da |
Presentazione |
1 giugno
2005 |
2 aprile
2012 |
Sensore |
CMOS da
22,5 x 15,0 mm |
CMOS da
22,3 x 14,9 mm |
Pixel effettivi |
Circa 8,2
megapixel |
Circa 18
megapixel |
Dimensioni
celle fotosensibili (pixel) |
6,4
micrometri |
4,3
micrometri |
Rapporto
dimensionale |
3:2 |
3:2 |
Dimensioni
file RAW |
3504x2336 |
5184x3456 |
Filtro
passa-basso |
Integrato/fisso
con filtro IR-cut modificato (trasmissione H-alfa 2,5 volte più del filtro
standard) |
Integrato/fisso
con filtro IR-cut rivestito al fluoro (trasmissione H-alfa 3 volte più del
filtro standard) |
Sistema di
pulizia |
non
previsto |
Ad
ultrasuoni integrato |
Processore
di immagine |
Digic 2 |
Digic 4 |
Convertitore
A/D |
12 (4096
tonalità) |
14 (16384
tonalità) |
Velocità
otturatore |
30 s -
1/8000 s |
30 s -
1/8000 s |
Bilanciamento
del bianco personalizzato |
Automatico,
Giorno, Ombra, Nuvoloso, Tungsteno, Fluorescente, Flash, Personalizzato,
Temperatura colore |
Automatico,
Giorno, Ombra, Nuvoloso, Tungsteno, Fluorescente, Flash, Personalizzato,
Temperatura colore |
Sensibilità
ISO |
100-1600
(espandibili fino a 3200) |
100-6400
(espandibili fino a 12800) |
Live View |
Sì, con
ingrandimento 2X o 10X (prima DSLR ad avere questa funzione!) |
Sì, a 30
fps con ingrandimento 5X o 10X Possibilità di reticolo in sovraimpressione |
Display |
TFT da
1,8" (4,6 cm) 118000 pixel |
TFT Clear
View da 3" (7,7 cm) orientabile 1,04 milioni di pixel - Rapporto 3:2 |
Schermo di
messa a fuoco |
Fisso |
Intercambiabile
(3 tipi opzionali) |
Attacco
obiettivo |
Canon EF /
EF-S |
Canon EF /
EF-S |
Scheda di
memoria |
CF I/II e
Microdrive |
SD, SDHC e
SDXC |
Materiale
corpo |
Lega di
magnesio e resina |
Alluminio e
resina in policarbonato con fibra di vetro |
Massa |
685 g |
642 g 755 g
(inclusa batteria e scheda SD) |
Collegamento
a PC |
Tramite
standard USB 2.0 (cavo Mini-B) |
Tramite
standard USB 2.0 (cavo Mini-B) |
Autonomia
batteria |
700 scatti
a 20°C / 550 scatti a 0°C Codice
batteria BP-511 |
1100 scatti
a 23°C / 1000 scatti a 0°C Codice
batteria LP-E6 |
Alimentatore
incluso |
Da rete
ACK-E2 |
Da rete
AC-E6 (output 8V 3A DC) con finta batteria DR-E6 (kit ACK-E6) |
Software a
corredo di particolare interesse |
EOS
Capture, EOS Viewer Utility, Digital Photo Professional |
EOS Utility,
ZoomBrowser EX, Digital Photo Professional 3.11.31 |
Sistemi
operativi supportati |
Win 98
(compreso SE), Win 2000, Win XP |
PC e Mac -
Win XP (SP2/SP3), Vista (SP1, escl. Starter Edition), Win 7 (escl. Starter
Edition), OS X (v10.6-10.7) |
Strumentazione e luoghi
dei test
I nostri test sono
stati svolti durante i mesi di giugno e luglio 2012, in un periodo non proprio
favorevole alla fotografia astronomica, sia per la temperatura che per le
cortissime notti, ma con molta devozione e pazienza si sono potute effettuare
molte prove, sia sul campo, che comodamente al chiuso in occasione di maltempo.
I test all’aperto si sono svolti sia da siti di pianura che dal Colle
del Nivolet, uno dei siti migliori di tutte le Alpi. In pianura abbiamo
lavorato a Caronno Pertusella e Tradate, entrambe comuni ubicati a nord di
Milano, ad un’altezza media di 300 m s.l.m., quindi con parecchia atmosfera
sopra la testa e con molto inquinamento luminoso. Fortunatamente alcune nottate
inaspettatamente limpide e buie ci hanno dato l’opportunità di puntare oggetti
deboli. Per l’occasione abbiamo scelto di utilizzare due rifrattori apocromatici
con campo piano, un TMB 80/500 e un TEC 140, ottenendo
rispettivamente focali di ripresa di 500 mm e 1000 mm. La prima focale si sposa
egregiamente con i pixel da 4,3 micrometri del sensore, e permette di inquadrare
una discreta porzione di cielo (2,5°x1,7°), mentre la seconda permette di
inquadrare oggetti già di medie/piccole dimensioni, mantenendo anche in questo
caso un ottimo campionamento (0,88”/pixel, con un diametro del disco di Airy di
2” e un FWHM teorico di 0,84”). Per avere poi un confronto diretto, sono state
coinvolte nei test anche altre camere Canon, ovvero una 350D e una 40D
convenzionali, più una 350D modificata con filtro Baader ACF. In
questo modo abbiamo potuto confrontare la resa sia nella fotografia
tradizionale, con le camere convenzionali, che la resa in astrofotografia
grazie alla camera modificata. Sebbene avremmo potuto, abbiamo preferito non
confrontarla con una 5D modificata Baader per via della differenza di formato
(APS-C vs. full-frame), che avrebbe reso il confronto ambiguo.
Comportamento nella
fotografia astronomica
Passiamo al test più
atteso, quello sul cielo notturno. Una volta applicata la reflex agli
strumenti, ed installati i programmi necessari sul PC, tramite il software EOS
Utility in dotazione è stato possibile gestire la fotocamera completamente
dal PC, oltre che a poter salvare direttamente i file RAW sull’hard disk,
esattamente come se fosse una camera CCD per astronomia. Questo software
permette di impostare tutti i parametri in remoto, e di controllare gli scatti
anche superiori ai 30 s, sempre da connessione USB, evitando di autocostruirsi
lo scatto remoto pilotato da porta seriale RS232. Sempre sul monitor del PC è
possibile anche visualizzare il Live-View, facilitando di molto la messa
a fuoco (Fig. 2), anche se già l’LCD da 3” orientabile montato sul corpo macchina,
offre una visione eccezionalmente nitida e precisa per questa operazione. Per
abitudine e per comodità abbiamo optato per il controllo da PC, ma nel caso si
voglia partire “leggeri”, è possibile gestire la fotocamera interamente tramite
i propri pulsanti, ed impostare la sequenza di scatti tramite un programmatore
di scatto remoto.
Fig. 2. Il software EOS Utility e la funzione Live-View come appaiono sullo schermo del PC. (clicca per l'hires) |
Nel poco tempo del
nostro test, non abbiamo potuto provare a collegare la 60Da ai più comuni
software astronomici, come Maxim DL o AstroArt. Questi sarebbero fondamentali
per poter gestire la camera e contemporaneamente fare dithering in automatico
(farlo in manuale come noi è alquanto scomodo). Tuttavia, da una ricerca su
internet, risulta che alcuni astrofili americani siano riusciti a gestire la
60Da con Maxim; la cosa non ci sorprende dato che la 60D non “a” è supportata e
i driver paiono essere gli stessi identici.
Per l’alimentazione,
Canon ha previsto un alimentatore da rete comprensivo di finta batteria,
ma avendo questa fotocamera un consumo molto contenuto (Tab. 2), la batteria in
dotazione ha un’autonomia notevole: dopo un’ora e mezza di utilizzo a +18°C,
tra focheggiatura, scatti di calibrazione e sequenze di pose da 5 min, il
livello di carica non era sceso neppure di una tacca!
Tab. 2. Assorbimento
elettrico 60Da (alimentazione a 8 V DC)
Accesa in
Standby |
40 mA con
picchi a 90 mA |
LCD acceso
in consultazione menu |
140 mA con
picchi a 160 mA |
Visualizzazione
immagini |
140 mA con
picchi a 180 mA |
Scatto
immagine lunga posa |
200 mA
(rappresentativo dell’uso notturno) |
Ripresa
video HD |
210 mA |
Scaricamento
immagini |
140 mA |
Il peso della
60Da è piuttosto contenuto (meno di 700 g) in linea col peso di molte camere
CCD, permettendo quindi alla camera di essere montata su qualunque ottica,
purché seria, senza generare flessioni o slittamento del focheggiatore.
Come primo oggetto, da
Caronno Pertusella, tramite il rifrattore TMB 80/500 abbiamo puntato la
nebulosa IC1318, comunemente conosciuta come Nebulosa Farfalla, nei
pressi di Gamma Cygni, nella costellazione del Cigno. Questa porzione di cielo
è ricca di emissioni H-alfa, e quindi più che mai adatta al nostro scopo.
Appena conclusa la prima posa, in circa 3 s (tre secondi per scaricare 27 MB!)
sullo schermo è apparsa la Farfalla in tutto il suo splendore. Si
trattava di una singola posa da 10 minuti a 800 ISO, senza calibrazione ed
elaborazioni varie, un file RAW grezzo, ma che con la semplice visualizzazione
a monitor lasciava ben sperare. Durante la nottata sono state scattate in tutto
dieci pose analoghe, più i relativi Dark, Bias, Flat e Darkflat, in modo
da ottenere un’immagine finale seguendo la corretta procedura. Lo stesso lavoro
è stato fatto, sempre la stessa notte, con una 350D modificata, per poter fare
un paragone con una fotocamera prettamente astronomica. Il risultato si può
vedere nella Fig. 3.
La 60Da ha una
risoluzione nettamente migliore della 350D, poiché i piccolissimi pixel da 4,3
micrometri riescono a sfruttare al massimo il potere risolutivo del telescopio,
restituendo stelline piccolissime (l’ottica 80/500 ha un potere risolutivo di
1,5”, e la campionatura ottenuta dal connubio con la 60Da è di 1,76”/pix,
contro i 2,64”/pix della 350D). Ciò è sicuramente un vantaggio in termini
estetici, ma è anche una difficoltà ulteriore in fase di ripresa, in quanto la
guida deve essere impeccabile, pena stelle deformate. La 60Da ha un
convertitore analogico/digitale a 14 bit (contro i 12 bit della 350D) e quindi
possiede una dinamica ben più ampia della 350D. Questo si traduce in immagini
meno rumorose e più dettagliate, e quindi più gradevoli all’occhio. Per quanto
riguarda il discorso H-alfa invece, a far da padrona rimane la 350D modificata.
Se con la 60Da la nebulosa Farfalla è ben evidente, immersa in un cielo
nero e ricco di stelle, con la 350D modificata appaiono chiaramente anche tutte
le deboli zone rosse attorno alla nebulosa principale, che emettono anch’esse
nell’idrogeno ionizzato, tanto che attorno a questa nebulosa, il cielo nero con
la 350D modificata quasi non esiste. Da un’attenta analisi delle immagini, ad
elevati ingrandimenti, abbiamo notato che la 350D riesce a registrare stelle
leggermente più deboli rispetto alla 60Da. Questo perchè i pixel della 350D
sono più grandi (e quindi in grado di catturare più luce) rispetto alla 60Da.
Questo fatto non è da sottovalutare, e sicuramente è un problema che purtroppo
accompagna la tendenza di fare sensori con pixel sempre più piccoli.
Il secondo test sul
cielo notturno, è stato effettuato a Tradate, puntando NGC 6960 (nebulosa
Velo) col rifrattore TEC 140, spianato. Questa nebulosa è un residuo di
supernova, e presenta emissioni sia nell’idrogeno che nell’ossigeno, brillando
di luce rossa e azzurro-verde. Questa volta abbiamo voluto coinvolgere una
terza fotocamera, una 40D convenzionale, per avere un paragone con una
fotocamera della stessa fascia della 60Da. La Fig. 4 mostra i risultati, che
confermano quanto riscontrato nella prova precedente. La 60Da si comporta
indubbiamente meglio della 40D convenzionale, poichè quest’ultima non vede
quasi nulla nell’H-alfa. Mentre la 350D modificata Baader registra in maniera
nettamente migliore la luce H-alfa rispetto alla 60Da.
Infine, un ultimo test è stato fatto dall’ottimo cielo del Colle del Nivolet, la sera del 21 luglio 2012, in Luna Nuova. Lo strumento usato è stato ancora il TEC 140, su montatura Gemini G41, dotato di rifrattore guida 80/400 e Lodestar. Il soggetto scelto è stato NGC 7380, una nebulosa a emissione nel Cefeo, con luce principalmente rossa, ma anche con del blu. Sono state registrate 27 pose da 10 minuti ciascuna, dall’inizio alla fine del crepuscolo astronomico. E’ stato fatto dithering con una tecnica poco ortodossa... in Maxim è stata collegata come camera di guida la Lodestar e come camera principale il Simulator. Sono state impostate pose da 10 min con dithering da 10 pixel (rivelatosi forse troppo visto la differenza di scala di 5 volte!), ed è stato impostato un ritardo di 60 s per il guide settle. Ma così la vera camera principale non avrebbe scattato, quindi è stato collegato un temporizzatore esterno alla 60Da, con impostata posa di 10 minuti e pausa tra due scatti di 80 secondi. Questo perchè ai 60 s impostati in maxim, si deve aggiungere circa 21 s di attesa per lo scaricamento virtuale del Simulator. Il secondo in meno garantisce che eventualmente la 60Da chiuda l’otturatore leggermente prima che Maxim comandi di spostare la stella di guida per fare dithering. La risincronizzazione è stata controllata più volte durante la notte e tutto è sempre filato liscio.
L’uso notturno della 60Da si è rivelato estremamente comodo: la messa a fuoco in Live-View a 10x, sul grande display basculante, è veramente semplice e sicura. Pochi secondi e ci si dimentica di procedure complicate al computer con FWHM e altri ausilii. Inoltre è possibile verificare la resa di ciascun fotogramma scattato, ingrandendolo e ottenendo sempre una comoda visione grazie alle dimensioni del display da 3 pollici e 1 milione di pixel. Il display basculante è utile anche per un’altro motivo: è possibile girarlo verso il basso in modo che non disturbi gli altri astrofili presenti sul campo.
Il risultato mostrato in Fig 5 parla da solo. La nebulosa è spettacolarmente visibile e questo testimonia come con la 60Da si possano ottenere ottime riprese astronomiche. Non abbiamo fatto un confronto con altre fotocamere, ma d’altronde sarebbe stato uno spreco “buttare” parte del prezioso tempo al Nivolet in prove. Abbiamo preferito puntare tutto sulla 60Da e vedere cosa sarebbe uscito dopo 4,5 ore di posa totale.
Le riprese del Nivolet
sono state ottenute con temperatura ambientale piuttosto bassa, mediamente a
0°C. Questo garantisce un basso rumore. Per diminuirlo ulteriormente, una
ventola è stata applicata al dorso della fotocamera, in modo da soffiare aria e
raffreddare il sensore, che inevitabilmente si scalda. Non abbiamo verificato
l’efficacia sulla 60Da, tuttavia su altre fotocamere in passato abbiamo visto
un dimezzamento del rumore, e non è poco! Sulla 60Da il vantaggio protrebbe
essere ancora superiore, grazie al display basculante, che quindi elimina un
notevole spessore tra sensore e aria aperta, diminuendo quindi l’isolamento
termico. In Fig. 6 si può vedere la
60Da montata sul TEC 140, in attesa che giunga la notte.
In conclusione al test
astronomico, ci teniamo a segnalare il fatto che per processare e gestire file
così grandi, è necessario avere anche un PC molto potente. Noi abbiamo usato un
i7 dotato di 12 GB di ram, disco SSD, e sistema operativo Win7 64 bit.
Fig. 6. La 60Da al Nivolet,
montata su TEC 140. Notare la ventola per abbassare il più
possibile il segnale termico (già di suo molto contenuto). (clicca per l'hires) |
La sensibilità al rosso
Ci sarebbe piaciuto
poter misurare l’efficienza quantica della 60Da e magari confrontarla con
quella di una 60D e una 60D modificata Baader. Purtroppo non disponevamo delle
due ultime citate e nemmeno degli strumenti adatti per misurare l’efficienza
quantica della 60Da. Identica situazione per la trasmissione in H-alfa del filtro.
Tuttavia, dai test
fatti, possiamo stilare senza ombra di dubbio una classifica di sensibilità tra
fotocamere “normali”, in versione “Da” e modificate Baader.
Il miglioramento tra questi tre step pare analogo, quindi -per dare dei numeri
indicativi- potrebbe essere verosimile una serie 30-70-100% come trasmissione
in H-alfa. Ovvero la “Da” è molto meglio della “D”, ma inferiore rispetto al
filtro Baader. Queste proporzioni appaiono analoghe a quanto si era visto sulla
vecchia 20Da, sebbene Canon abbia dichiarato che la 60Da abbia una trasmissione
1,5 volte migliore rispetto alla 20Da. Tuttavia è molto opinabile la scelta di
Canon di tenere “segreti” i veri valori di trasmissione, che sarebbero stati
molto più utili di semplici descrizioni relative o qualitative.
Test al banco
Le immagini digitali
non sono altro che una matrice di numeri, e saper interpretare questi numeri
vuol dire entrare nell’intimo della fotografia, e di conseguenza capire come
funziona la fotocamera. Abbiamo quindi voluto interpretare i dati ottenuti da
una serie di test al banco, per ottenere quelle informazioni che ufficialmente
non vengono divulgate. Canon afferma che il rumore della 60Da è
contenuto. Le immagini lo dimostrano, ma che valore ha? E rispetto a cosa è
contenuto? Per rispondere a queste domande abbiamo scattato una serie di pose
Dark da 10 minuti a 800 ISO, a diverse temperature, da +28°C scendendo fino a
-14°C. Il grafico a sinistra della Fig. 7 (e valori in Tab. 3) rappresenta il
variare del rumore termico in base alla temperatura esterna, e come ben noto il
rumore diminuisce con la temperatura. E’ curioso notare come i punti non si
dispongano lungo una retta nel grafico logaritmico, come ci si aspetterebbe
dalla teoria.
Tab. 3. Rumore
Confronto Bias |
60 Da |
350D Baader |
Rumore singolo bias (sottratto pattern fisso,
@800 ISO, +22°C) [ADU] |
6.42 |
2.30 (9.19 @14 bit equiv.) |
Rumore mediana 9 bias (@800 ISO, +22°C) [ADU] |
2.80 |
1.02 (4.08 @14 bit equiv.) |
Temperatura |
Rumore dark 60 Da singolo 10 min @800 ISO [ADU] |
Rumore differenza di due dark 60Da da 10 min @800
ISO [ADU] |
28°C |
177.3 |
62.0 |
22°C |
103.0 |
43.7 |
8°C |
37.3 |
22.9 |
-14°C |
17.9 |
12.5 |
La Fig. 8
raccoglie la porzione centrale delle immagini Dark del test, e si può
notare che a +8°C il rumore è veramente contenuto. Il test ha evidenziato la
presenza di numerosi pixel caldi, ma dopotutto è quasi normale per un sensore
con pixel tanto piccoli e numerosi. Non vi sono però zone affette da elettroluminescenza,
e quindi l’immagine Dark risulta omogenea, priva di zone più chiare come nella
350D (confronto nella Fig. 9).
Dall’analisi della
Tab. 3, che riporta i valori di rumore del Bias a 800 ISO a
temperatura ambiente, si nota come la 60Da mostri un rumore di lettura
leggermente migliore rispetto alla 350D (tenendo conto della differenza di
numero di bit), di circa il 30%.
Una nota sul gain:
il poco tempo per cui Canon Italia ci ha concesso l’uso della camera
purtroppo non ci ha permesso di avere la calma necessaria per fare le delicate
misure del gain e di altre informazioni più di basso livello. Per lo
stesso motivo non abbiamo potuto testare le funzioni di registrazione video,
che si promettono interessanti per l’uso planetario, grazia alla modalità a
risoluzione piena del solo centro sensore (a 640x480 pixel).
Fig. 8. Immagini di Dark da 10
min ottenute a differenti temperature di utilizzo. Intorno a 8°C il
segnale termico è molto contenuto. Crop di una zona centrale
molto ingrandita. (clicca per l'hires) |
Fig. 9. Confronto tra immagini di
Dark da 10 min: a sinistra 60Da e a destra 350D. Nella 60Da non
è presente il fenomeno dell’elettroluminescenza. (clicca per l'hires) |
Comportamento nella
fotografia tradizionale
Abbimo visto come i
test notturni confermino la validità della camera per uso astronomico. Ma la
prerogativa unica della 60Da è quella di poter essere usata anche di giorno. E’
vero che può essere usata senza problemi? Abbiamo quindi analizzato il
comportamento nell’utilizzo convenzionale, prima scattando immagini ad un panorama
di campagna (dove sono presenti un po’ tutti i colori, dal marrone rossastro
della terra, al verde delle piante, all’azzurro/bianco di cielo e nuvole) e in
un secondo momento in montagna, nel parco del Gran Paradiso, al Colle
del Nivolet, dove la 60Da è stata impiegata per fare “caccia fotografia” della
fauna del parco.
La Fig. 10
rappresenta i risultati del primo test,
ovvero il confronto con le immagini ottenute con la 60Da insieme ad altre due
camere 350D (una tradizionale e l’altra modificata). Il risultato è decisamente
interessante, in quanto la 60Da pare comportarsi bene in questo frangente. La
risposta spettrale non è esattamente come quella di una Canon convenzionale, ma
comunque molto molto simile, e, prese le immagini singolarmente, non si nota
alcuna anomalia o pesante dominante cromatica. Rispetto alla 350D convenzionale,
con la 60Da si ottengono immagini leggermente più fredde, con i rossi meno
carichi e una leggera tendenza al ciano. Evidentemente l’algoritmo tende a
controbilanciare la dominante rossa del filtro, spostando il bilanciamento sul
ciano. Interessante invece il confronto con la 350D modificata, dove impostando
per entrambe il WB Personalizzato, le immagini ottenute sono pressoché
identiche! Entrambe risultano leggermente più “calde” rispetto alla realtà, nel
senso che si nota una leggera enfatizzazione del rosso, ma il bianco comunque
rimane tale. Ciò significa che l’algoritmo per il bilanciamento del bianco
personalizzato, in entrambe le fotocamere funziona egregiamente.
Per quanto riguarda il
secondo test, quello al Nivolet, uno di
noi (LC) ha utilizzato la 60Da accoppiata ad un teleobiettivo catadiottrico MTO
500 mm f/6.3 posto su cavalletto, ottenendo dei primi piani specialmente sulle
marmotte (Fig. 11). In questo utilizzo la 60Da ha mostrato di essere estremamente
efficace (come del resto lo è la sorella 60D). Decisamente comodo il Live-View
su schermo inclinabile in tutte le direzioni, ed eccezionale la resa del mirino
ottico, molto luminoso e in cui era possibile mettere a fuoco con sicurezza (a
differenza ad esempio della 350D, il cui mirino piccolo e scuro causa spesso
errori nella messa a fuoco manuale). Nulla da dire sulla resa cromatica,
ottenendo colori pressochè perfetti.
Non ci ha convinto
invece l’impugnatura, più scomoda delle precedenti versioni xxD con corpo in lega
di magnesio. Il nuovo design sarà più razionale, ma il corpo risulta
“plasticoso” e piccolo, tanto che sembra di avere tra le mani una camera entry
level.
Ci teniamo infine a
precisare che in tutti i test effettuati, le fotocamere sono state impostate completamente
in manuale, disabilitando tutti i processi e le regolazioni interne che aiutano
l’utilizzatore, in modo da poter realmente lavorare su immagini pure, così come
acquisite dal sensore in formato raw.
Fig. 10. Confronto tra immagini terrestri, realizzate con 60Da, 350D e 350D modificata Baader. (clicca per l'hires) |
Fig. 11. Abitanti tipici del
Nivolet, marmotte curiose e molto fotogeniche. Immagini scattate con
60Da e catadiottrico MTO da 500mm f/6.3 su treppiede. Ottima la resa
cromatica. (clicca per l'hires) |
La 60Da conviene
davvero?
Visti i risultati e le
caratteristiche della 60Da descritte sopra, ci si potrebbe chiedere se val la
pena davvero di acquistare questa macchina. Una alternativa sarebbe infatti di
acquistare una macchina “normale” e farla modificare per astronomia con un
filtro Baader. Vediamo pro e contro di queste due alternative nella Tab. 4.
Tab. 4. Confronto tra
60Da e 60D modificata Baader
CONFRONTO |
60Da |
60D modificata Baader |
Semplicità nell’acquisto |
La macchina è pronta “out of the box” |
Bisogna trovare un bravo tecnico a cui far
modificare la macchina, comprare un filtro Baader, e spedire il tutto
sperando non si verifichino problemi (rari ma possibili) |
Garanzia |
2 anni |
La modifica invalida la garanzia Canon, il
servizio di modifica può forse dare una garanzia ma potrebbe non essere molto
efficiente nella riparazione |
Prestazioni nel rosso H-alfa |
sicuramente migliori di una DSLR standard, ma
tuttavia non al livello di un filtro dedicato Baader |
eccellenti, massima trasmissione possibile |
Uso diurno |
Perfettamente possibile anche con
bilanciamento del bianco automatico |
Possibile ma con la complicazione di dover
usare il bilanciamento del bianco personalizzato, da rifare ogni volta che
cambia il tipo di illuminazione (Sole, ombra, luce interna al neon o al
tungsteno, flash, ...) |
Accessori a corredo |
Forniti il kit di alimentazione da rete 230 V
ACK-E6 e l’adattatore di scatto remoto RA-E3; l’alimentatore da 230 V è scomodo per l’uso
sul campo, e conviene autocostruirsi un alimentatore da 12 V |
Nessuno, ma è possibile autocostruirsi un
alimentatore da 12 V con pochi euro e qualche saldatura; tali alimentatori
sono anche disponibili in commercio da artigiani del settore. |
Accessori consigliati da aggiungere |
Temporizzatore TC-80N3 (costa ~140€) o in
alternativa uno compatibile “cinese” (costo ~10 €) |
Idem come 60Da |
Prezzi (a fine luglio 2012) |
60Da+ss: 1219€ (Amazon.it) Temporizzatore cinese: 10€ Alimentatore 12 V: 55€ (AstroHobby.it) TOTALE: 1284€ |
60D+ss: 836€ (Amazon.it) Modifica+ss: 120+10€ (AstroHobby.it) Filtro Baader+ss: 65€ (Unitronitalia.it) Temporizzatore cinese: 10€ Alimentatore 12 V: 55€ (AstroHobby.it) TOTALE: 1096€ |
Come si vede, il costo
finale non è particolarmente diverso, sebbene ci sia un vantaggio di circa 200€
a favore della versione modificata (ulteriormente migliorabile se si fa il
lavoro di modifica in proprio o da altri tecnici più economici).
A chi conviene la 60Da? Certamente a chi è
meno “smanettone” e vuole andare su una soluzione semplice e sicura,
utilizzabile facilmente anche per foto diurne.
A chi conviene una 60D
modificata Baader? A chi non vuole compromessi sulla qualità dei risultati astronomici e
quindi accetta un po’ più di complicazione nella fase di acquisto e modifica, e
nella fase di uso diurno (o non intende proprio usarla per questo).
Conclusioni
Definire la 60Da “La
fotocamera per astrofotografia” secondo noi è eccessivo, nel senso che una
fotocamera opportunamente modificata, offre ancora oggi risultati migliori su
soggetti che emettono nell’H-alfa. Riconosciamo tutte le difficoltà e le
limitazioni che caratterizzano le reflex modificate, ma se si intende farne un
utilizzo puramente astronomico, queste fotocamere risultano ancora la scelta
migliore. Preferiamo definire la 60Da come “La fotocamera tuttofare”,
poiché è vero, si comporta bene nella fotografia tradizionale, e offre grandi
soddisfazioni a chi si sta avvicinando all’astrofotografia. Canon ancora una
volta ha voluto realizzare un prodotto adatto a tutto, senza sbilanciarsi e
precludere così una fascia di utilizzo. Così facendo però, è dovuta scendere a
compromessi (tecnici si intende) e quindi riteniamo opportuno collocare la
60Da a metà strada tra una fotocamera convenzionale e una fotocamera modificata
per astronomia, ma col vantaggio di avere una flessibilità di utilizzo
estrema, oltre alla garanzia ed al supporto tecnico ufficiale Canon. Riteniamo
che la 60Da sia un eccellente punto di partenza, ad un prezzo dopotutto
accessibile, col vantaggio poi di poterla utilizzare tradizionalmente, nel caso
la passione per l’astrofotografia dovesse un giorno svanire. Per concludere, ringraziamo
Canon Italia per averci fornito la 60Da da testare, e lanciamo loro un
appello per il futuro, chiedendo una versione astronomica in tutti i sensi, con
sensore full frame da 10/12 megapixel (di più non serve), dinamica a 16
bit, senza filtro taglia IR, temporizzatore interno, e soprattutto con sensore
CMOS monocromatico!
Per ogni commento, scrivici! comolli@libero.it e tuffanellicristiano@yahoo.it
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